BIFIDO ART
Ho sempre avuto un debole per tutto ciò che avviene fuori dalle logiche del lavoro
Vivo nell'arido grigiore della provincia italiana. La strada è una delle poche cose che offre. La maggior parte delle volte il posto mi viene proposto da terzi incomodi, spesso in luoghi periferici e disagiati o in piccoli paesini. In questi casi la relazione è molto più stratificata. Questo implica una relazione non passiva, un mix di comprensione e creazione. È necessario capire dove ci si trova ma non limitarsi a fotografare la realtà, cercando piuttosto di piegarla fino a farne intravedere limiti e possibilità altre. Quando invece quello che faccio nasce dalla mia voglia di modificare un posto, è lo spazio stesso che si lascia guardare. Io mi limito ad intervenire
Ho sempre avuto un debole per tutto ciò che avviene fuori dalle logiche del lavoro. Non sono mai stato coinvolto dall'idea di una vita fatta di produzione, consumo e morte, da una dialettica in grado di assorbire ogni cosa. L'arte è un modo per sfuggirvi. Non c'erano molte alternative. Vivere una vita di prigionia e noia (lavoro e hobby) o fare l'artista, che tra le cose noiose di questo mondo è comunque quella che preferisco. Da bambino mangiavo pochissimo e spesso rifiutavo il cibo, gettavo anche i piatti dalla finestra. Questo credo sia stato il mio primo approccio alla street art. Ho scelto la strada perché avevo delle cose da dire, da fare e quando hai un'impellenza non aspetti che qualcuno ti dia il permesso per farlo. (Inoltre le conversazioni da vernissage dovrebbero rendere misantropo qualsiasi animo sensibile). Quello che faccio ha qualcosa di infantile. È animato da un istinto di gioco che sta nel mondo come un costruttore di castelli di sabbia in riva al mare. Lui crea, il mare distrugge, lui di nuovo crea. Insomma, una cosa inutile e necessaria.
Non sono un tipo materico. Sfrutto carta, colla, macchina fotografica, vernici o muri ma non mi ci affeziono. Il mio lavoro richiede una grossa dose di ricerca rispetto ai luoghi dove opero, ai soggetti e allo studio della messa in scena. Un immenso lavoro di braccia e di testa che, mentre lo fai, sai già che avrà vita breve e va bene così. Lastreet art dovrebbe essere sempre effimera o almeno non permanente. Dovrebbe cambiare con i luoghi che abita. In questo senso, la mia tecnica viene incontro a questa esigenza. Lavorando con la carta i miei lavori cambiano negli anni, mutando insieme alla città. La parte del lavoro che preferisco è quando, per illuminazione divina(!), concepisco una nuova opera e quando, subito dopo averla realizzata, penso alla successiva. Come una defecazione ben riuscita che ti lascia il desiderio di farne comunque dell'altra! In futuro spero di risolvere tutti i problemi pratici delegando la parte faticosa del mio lavoro ad altri. Sono un pigro impenitente, un virtuoso della deboscia. Pensare al futuro è faticoso. Punto tutto su "adesso" e "mai". "Domani" lo lascio alle persone serie.
Non ho nessuna esigenza creativa. Se l'avessi farei il decoratore o i designer o qualche altra cosa utile. Non ho punti di riferimento stilistici, ho solo compagni di gioco, ma sono tutti morti. .